IL MITO
Bruno Meoni, sindaco comunista di Castiglione del Lago dal 1956 al 1978, nacque il 25 ottobre 1925 a Pucciarelli, una frazione di Castiglione del Lago, Provincia di Perugia, Umbria. Da giovane seguì le orme del padre Domenico e divenne pescatore. Domenico Meoni fu
socialista dal 1919, consigliere comunale ritenuto comunista dopo il 1921. Emarginato, visse conservando le sue idee e fu uno dei punti di riferimento ed anche di collegamento, specie dopo gli avvenimenti dell’8 settembre, che lo portarono anche ad essere presente in qualche modo nella lotta partigiana. (1)
Anche suo figlio Bruno militava nella banda partigiana Macchie-Sanfatucchio, comandata dal tenente Piero Marchettini, militare sbandato dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Questa banda, inizialmente composta da otto membri, era
una modesta formazione partigiana che stava attestata sulla riva occidentale del Trasimeno come diramazione estrema di una organizzazione piuttosto importante. Si trattava della Brigata SI.MAR comandata da Silvio Marenco, un colonnello del disciolto Esercito del regno che si era ritirato nelle vicinanze di Sarteano dove abitava una villa di sua proprietà... su questa fascia estrema del proprio territorio operativo Marenco aveva invitato gli ex-ufficiali Piero Marchettini, Carlo Tini e Araldo Ronca per costituirvi una formazione collegata alla propria centrale. (2)
Marchettini spiega che i compagni della banda non si sarebbero dati alla macchia perché ritennero fosse
più conveniente ed utile, sia per la conformazione del nostro territorio che per la vicinanza del lago e i suoi canneti, rimanere nei nostri villaggi e le nostre case, guardinghi per salvarci dallo spionaggio dei fascisti e dalla ricerca dei carabinieri, ma come semplici e tranquilli cittadini, ognuno dedito al proprio e consueto lavoro. (3)
Non fornisce un elenco degli aderenti ma pare che quando la banda fu sciolta alla fine della battaglia della Linea Albert (Trasimeno) il 29 giugno 1944 il numero di componenti fosse ventotto.(4) Fra quest’ultimi c’era il futuro sindaco il diciottenne Bruno Meoni, che nel capitolo ‘Alcuni cenni rievocativi di lotta partigiana nel Castiglionese’ del libro di Solismo Sacco (5) descrive l’incontro che la banda fece con le truppe inglesi – i fanti del 5 Northamptonshire Regiment della 11 Brigade, 78 Division – giunti lungo la strada che costeggia il lago fra Panicarola e Pucciarelli la tarda sera del 23 giugno (6)
Meoni però non è conosciuto per aver operato con gli inglesi durante la Battaglia del Trasimeno, (7) alla fine della quale i partigiani furono costretti a consegnare le armi ai carabinieri di Castiglione del Lago, (8) bensì per un altro episodio svoltosi il 12 giugno ad Isola Maggiore. La sua testimonianza si trova nel libro di Sacco:
La liberazione degli ebrei dal posto di concentramento d’Isola Maggiore fu concordata col capo dal nostro gruppo di partigiani dislocato nei pressi dei canneti del lago, in un piccolo casolare di pescatori che fungeva anche da rifugio del gruppo stesso, per la scelta dei volontari. Alla spedizione, preparata che fu, presero parte, oltre al capo Piero Marchettini, i pescatori Sisto e Bruno Meoni, Carlo Tini, Quaglia, Casanova, Mencaroni detto ‘Balilla’, Altidoro detto ‘Pallino’, e forse altri che non ricordo. Prendemmo posto in due barconi a remi tipo militare presi all’Aeroporto di Castiglione del Lago. Nottetempo, circa alle ore dieci, partimmo dal suddetto casolare rivolti verso l’Isola Maggiore; fu una traversata piuttosto faticosa a causa del lago mosso, ma non si poteva rimandare; nella notte stellata si sentivano solo i colpi ritmici dei remi e le voci sommesse dei rematori, e forse ognuno sentiva di sé i colpi del proprio cuore.
Approdammo all’isola tra l’una e le due di notte, e con l’ausilio di alcuni isolani preavvertiti, e la collaborazione forzata delle guardie di servizio al castello dei Marchesi Guglielmi che ospitava gli ebrei, neutralizzato nel suo alloggio il capo della polizia fascista (9) che non si trovò perché nascosto o fuggito nella notte,(10) salimmo alle stanze del Castello e invitammo gli internati a seguirci, essendo venuti per liberarli dal rischio di essere deportati più al nord. Fu per loro una gradita sorpresa, ma essendo il lago nel frattempo divenuto molto mosso, solo cinque di essi si avventurarono con noi nei barconi, disposti al rischio della difficoltosa traversata per le grosse onde causate dal forte vento, pur di togliersi dalla loro assai pericolosa condizione di ostaggi. Ricordo la signora Ada Coen e il figlio Giuliano, Mario Modigliani e altri di cui non conoscevo il nome. Tutti gli altri furono sistemati presso le famiglie già pronte ad accoglierli.
Quelli liberati e portati a riva, furono nascosti per alcuni giorni, imponendoli ospiti forzati al capo fascista locale Castellani Augusto gran seniore della milizia repubblichina, imponendogli non solo di tenerli nascosti ma anche di proteggerli e di mantenerli. Poi, dato come si svolse in questa nostra zona il passaggio del fronte che si fermò qui per ben 15 giorni e dette luogo alla grossa battaglia cosiddetta del Trasimeno, dovemmo spostarli portandoli al sicuro a Panicale appena quel paese fu liberato, per poi essere avviati alle loro residenze. Gli altri liberati e lasciati nell’isola, furono messi in salvo dagli isolani appena in tempo prima che i tedeschi venissero a prelevarli per trasferirli altrove nella loro ritirata. (11)
La versione del suo capo, Piero Marchettini, che si trova nello stesso volume, contiene alcune discrepanze, quattro delle quali sono sostanziali. Non parla affatto della sottrazione delle barche dall’aeroporto, resa necessaria dopo la requisizione di tutte le barche intorno al lago in quei giorni da parte del questore Scaminaci, (12) non parla della collaborazione forzata delle guardie ma riferisce che erano state catturate, non nomina la fuga di Lana, e sostiene che un gruppo di partigiani della propria banda fosse già presente sull’isola. Anche l’elenco dei partecipanti e leggermente diverso:
L’altro colpo di mano notturno fu la liberazione degli internati politici ed ebrei rinchiusi nel castello del marchese Guglielmi nell’Isola Maggiore del Trasimeno, che fu attuato subito dopo la occupazione di Roma (4 giugno nda). Dal luogo di raduno in località Palazzo, una nostra pattuglia di una diecina di partigiani, eludendo la vigilanza notturna tedesca, si portò al punto d’imbarco dove erano stati predisposti i mezzi, due grossi barconi. Il tempo poco propizio (ma non si poteva rimandare) peggiorò col vento contrario, e le acque del lago molto mosse ostacolarono la navigazione; ci vollero così oltre 2 ore per raggiungere nel cuore della notte l’isola, dove avevamo preventivamente dislocato nostri partigiani per preparare e favorire con la loro presenza e anche l’intesa con alcune famiglie del luogo il colpo di mano. Sbarcati e rapidamente raggiunto l’obbiettivo, come primo atto fu neutralizzato nel suo alloggio il capo della polizia addetta alla sorveglianza degli internati, il fascista Lana Luigi. Contemporaneamente, accerchiato e invaso il castello, catturate le guardie sbigottite dal nostro arrivo e che neppure tentarono alcuna resistenza, raggiungemmo tutti gli internati informandoli che, sapendo che essi erano in procinto di essere trasferiti più a nord con la ritirata tedesca, noi eravamo andati a liberarli. Così li rendemmo subito liberi, ma non avendo la possibilità di condurli tutti con noi in terra ferma, non tanto per la insufficienza delle nostre imbarcazioni ma più specialmente per la insicurezza nella traversata date le peggiorate condizioni della navigazione (grosso vento e grosse onde), solo alcuni si avventurarono con noi; tutti gli altri furono sistemati presso le famiglie disposte ad accoglierli, come già prima detto, protette per ogni eventualità dai nostri uomini armati colà dislocati.
Di quelli disposti al rischio della traversata con noi, ne ricordiamo cinque, precisamente: Ada Coen e Giuliano Coen di Perugia, Mario Modigliani e Bruno Ajò di Roma, ed Enrico Luftschitz di Trieste. Questi furono portati in salvo in terraferma e messi al sicuro proprio nella villa di Sanfatucchio del capo fascista locale Castellani Augusto, seniore della milizia repubblichina, che si sapeva in procinto di partire per il nord coi tedeschi, al quale fu impedita la partenza e gli fu imposto, pena la vita, l’occultamento e il mantenimento dei cinque internati fino la liberazione ormai prossima. Questa azione fu condotta da Marchettini Piero, Tini Carlo, Meoni Bruno, Meoni Sisto, Vinerba Vladimiro, Mencaroni Angelo, Casanova Antonio, e Altidoro detto Pallino.
I cinque internati da noi liberati, poi, quando il fronte di guerra giunse in questa nostra zona e si fermò sulla linea nelle valli sottostanti il monte Pausillo (appena a sud di noi), ed il Castiglionese fu l’infuocata retrovia tedesca, in quelle condizioni costituivano un grosso rischio per noi e anche per la vita di loro stessi, trovandosi essi proprio sulla nuova linea di resistenza tedesca, stabilita sui nostri colli del Trasimeno, dopo che le truppe tedesche dovettero ritirarsi, fallito che fu il tentativo di impadronirsi del Monte Pausillo, totalmente e validamente controllato dai partigiani attivi delle altre nostre bande che lo impedirono. Per evitare quel grosso rischio, noi dovemmo trasferirli da lì, operazione anch’essa assai rischiosa perché dovevamo muoverci tra i tedeschi padroni oltre che delle nostre colline anche della pianura — dove la grossa battaglia seguitò ancora altri dieci giorni — nella parte che dovevamo attraversare per portarli al sicuro a Panicale, appena questo paese fu liberato il 19 giugno con l’arrivo delle truppe inglesi, dopo cinque giorni di cruenta sosta del fronte nella valle del Moiano. Finalmente l’odissea di quegli ostaggi si concluse con l’invio da parte del Comando inglese alle loro residenze, tranne il Sig. Luftschitz Enrico che fu ricoverato all’Ospedale civile di Orvieto. (13)
Siccome questa azione è stata riconosciuta come la più importante della lotta partigiana intorno al lago nel periodo ottobre 1943-fine giugno 1944 non è sorprendente che anche i libri più recenti la nominino e le attribuiscano molta importanza. Nel 2004 Leopoldo Boscherini, che si occupa di studi filosofici e storici relativi al territorio perugino, fornì un elenco aggiornato dei partigiani:
Sisto Meoni, Bruno Meoni, Carlo Tini, Santino Quaglia, Antonio Casanova, Angelo Mencaroni detto ‘Ballila’, Altidoro Brancaleone detto ‘Pallino’, Vladimiro Vìnerba.
Fornisce anche un elenco degli ebrei liberati in cui appare un numero più grande di quello citato da Meoni e Marchettini:
i perugini Albertina Coen, Ada Coen, Livia Coen, Arnaldo Coen, Giuliano Coen, Raffaele Levi con la moglie Ernestina Dyahon (Dyasson nda) Levi e il figlio Harry Levi, Mario Modigliani e Bruno Ajò provenienti da Roma, il triestino Enrico Luftschitz. (14)
Boscherini torna sullo stesso argomento in un libro successivo intitolato La Persecuzione degli ebrei a Perugia ottobre 1943-luglio 1944, che fa parte della collana ‘Storia e Territorio XII, pubblicato da Le Balze di Montepulciano sotto il patrocinio del Comune di Castiglione del Lago e descritto sul sito web della biblioteca comunale come segue:
Studio analitico della persecuzione degli ebrei nella provincia di Perugia durante l’occupazione nazi-fascista. Il libro documenta il ruolo svolto da Armando Rocchi, Prefetto di Perugia durante il fascismo, e il caso, praticamente unico in Italia, della liberazione di una parte cospicua di ebrei ad opera delle forze partigiane. (15)
Con il passare degli anni, il mito partigiano ha acquisito un altro elemento dovuto ad una intervista concessa da Corrado Coen che nel dopoguerra divenne amico di Carlo Tini, partigiano citato nelle testimonianze di Meoni e Marchettini. Nipote di Livia, Albertina e Ada e cugino di Giuliano e Arnaldo, tutti internati ad Isola Maggiore, Corrado con la sua famiglia riuscì a fuggire nelle campagne del Monte Tezio all’ovest di Perugia dove rimase fino al 20 giugno 1944. Sostiene che i suoi parenti fossero stati
salvati dalla deportazione proprio all’ultimo momento: la mattina sarebbero stati trasportati alla stazione ferroviaria di Passignano dove era già pronto il treno per i campi di sterminio, e la notte precedente furono liberati dai partigiani. (16)
Anche Boscherini propone questa teoria:
La loro collocazione (gli ebrei nda) a un tiro d’arco dalla riva di Tuoro toglieva di mezzo ogni difficoltà del comando tedesco che vi era dislocato per un trasferimento rapido alla stazione ferroviaria, dove era già pronto il convoglio destinato a Fossoli. (17)
L’asserzione viene anche ripetuta il 27 gennaio 2009, con una piccola ma non insignificante modifica, sul sito della Lega SPI Perugia Sud (associata al sindacato CGIL) in occasione della Giornata della Memoria:
Il Lago Trasimeno per l’esercito tedesco era considerato strategico in quanto vicino alla stazione ferroviaria di Terontola, da dove i prigionieri venivano caricati e portati nei campi di concentramento e di sterminio in Germania. (18)
La riaffermazione dell’importanza dell’episodio della liberazione degli ebrei nella Storia della Resistenza lacustre appare in questo riassunto:
Quando una squadra partigiana che sta combattendo contro i nazi-fascisti nell’area del Trasimeno compie la spedizione che libera un’intera comunità di internati ad Isola Maggiore e li salva all’ultimo momento dalla deportazione, essa dimostra di considerare quest’impresa come un’azione di guerra che sta all’interno di una strategia militare complessiva: strappare al nemico il controllo territoriale e il potere sulla popolazione. (19)
_____________________________________________________________________
1 Sacco Solismo Storia della Resistenza nella zona sud-ovest Trasimeno Quaderni Regione dell’Umbria 1991 p. 170
2 L. Boscherini 2005 p. 98
3 S. Sacco p. 65
4 Ibidem p. 28
5 Ibidem pp. 120-121
6 Diario di Guerra 5 Northamptonshire Regiment WO 170/1466
7 Diario di Guerra 5 Northamptonshire Regiment WO 170/1466 non ne fa riferimento
8 Sacco p. 70
9 Il sergente Luigi Lana era un milite aggregato al Corpo di pubblica sicurezza, che era sotto il controllo dell Questore di Perugia. Il Corpo di pubblica sicurezza non va confuso con la Milizia Fascista che fu sciolto dopo la caduta di Mussolini e fu ricostituita l'8 dicembre 1943 come Guardia nazionale repubblicana (GNR).
10 Questo commento è incongruente: o Lana fu neutralizzato nel suo alloggio o era fuggito
11 Sacco p. 119
12 Vedi capitolo Gli Antefatti
13 S. Sacco pp. 67-8
14 Ibidem p. 138
15 wwwbibliocastiglione.it
16 L’intervista, concessa ad una persona non citata, appare in Boscherini 2004 pp. 151-2
17 L. Boscherini 2005 p. 101
18 wwwcgilumbria.it/documenti/memoria27.01.2009
19 L. Boscherini 2004 p. 13
Bruno Meoni, sindaco comunista di Castiglione del Lago dal 1956 al 1978, nacque il 25 ottobre 1925 a Pucciarelli, una frazione di Castiglione del Lago, Provincia di Perugia, Umbria. Da giovane seguì le orme del padre Domenico e divenne pescatore. Domenico Meoni fu
socialista dal 1919, consigliere comunale ritenuto comunista dopo il 1921. Emarginato, visse conservando le sue idee e fu uno dei punti di riferimento ed anche di collegamento, specie dopo gli avvenimenti dell’8 settembre, che lo portarono anche ad essere presente in qualche modo nella lotta partigiana. (1)
Anche suo figlio Bruno militava nella banda partigiana Macchie-Sanfatucchio, comandata dal tenente Piero Marchettini, militare sbandato dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Questa banda, inizialmente composta da otto membri, era
una modesta formazione partigiana che stava attestata sulla riva occidentale del Trasimeno come diramazione estrema di una organizzazione piuttosto importante. Si trattava della Brigata SI.MAR comandata da Silvio Marenco, un colonnello del disciolto Esercito del regno che si era ritirato nelle vicinanze di Sarteano dove abitava una villa di sua proprietà... su questa fascia estrema del proprio territorio operativo Marenco aveva invitato gli ex-ufficiali Piero Marchettini, Carlo Tini e Araldo Ronca per costituirvi una formazione collegata alla propria centrale. (2)
Marchettini spiega che i compagni della banda non si sarebbero dati alla macchia perché ritennero fosse
più conveniente ed utile, sia per la conformazione del nostro territorio che per la vicinanza del lago e i suoi canneti, rimanere nei nostri villaggi e le nostre case, guardinghi per salvarci dallo spionaggio dei fascisti e dalla ricerca dei carabinieri, ma come semplici e tranquilli cittadini, ognuno dedito al proprio e consueto lavoro. (3)
Non fornisce un elenco degli aderenti ma pare che quando la banda fu sciolta alla fine della battaglia della Linea Albert (Trasimeno) il 29 giugno 1944 il numero di componenti fosse ventotto.(4) Fra quest’ultimi c’era il futuro sindaco il diciottenne Bruno Meoni, che nel capitolo ‘Alcuni cenni rievocativi di lotta partigiana nel Castiglionese’ del libro di Solismo Sacco (5) descrive l’incontro che la banda fece con le truppe inglesi – i fanti del 5 Northamptonshire Regiment della 11 Brigade, 78 Division – giunti lungo la strada che costeggia il lago fra Panicarola e Pucciarelli la tarda sera del 23 giugno (6)
Meoni però non è conosciuto per aver operato con gli inglesi durante la Battaglia del Trasimeno, (7) alla fine della quale i partigiani furono costretti a consegnare le armi ai carabinieri di Castiglione del Lago, (8) bensì per un altro episodio svoltosi il 12 giugno ad Isola Maggiore. La sua testimonianza si trova nel libro di Sacco:
La liberazione degli ebrei dal posto di concentramento d’Isola Maggiore fu concordata col capo dal nostro gruppo di partigiani dislocato nei pressi dei canneti del lago, in un piccolo casolare di pescatori che fungeva anche da rifugio del gruppo stesso, per la scelta dei volontari. Alla spedizione, preparata che fu, presero parte, oltre al capo Piero Marchettini, i pescatori Sisto e Bruno Meoni, Carlo Tini, Quaglia, Casanova, Mencaroni detto ‘Balilla’, Altidoro detto ‘Pallino’, e forse altri che non ricordo. Prendemmo posto in due barconi a remi tipo militare presi all’Aeroporto di Castiglione del Lago. Nottetempo, circa alle ore dieci, partimmo dal suddetto casolare rivolti verso l’Isola Maggiore; fu una traversata piuttosto faticosa a causa del lago mosso, ma non si poteva rimandare; nella notte stellata si sentivano solo i colpi ritmici dei remi e le voci sommesse dei rematori, e forse ognuno sentiva di sé i colpi del proprio cuore.
Approdammo all’isola tra l’una e le due di notte, e con l’ausilio di alcuni isolani preavvertiti, e la collaborazione forzata delle guardie di servizio al castello dei Marchesi Guglielmi che ospitava gli ebrei, neutralizzato nel suo alloggio il capo della polizia fascista (9) che non si trovò perché nascosto o fuggito nella notte,(10) salimmo alle stanze del Castello e invitammo gli internati a seguirci, essendo venuti per liberarli dal rischio di essere deportati più al nord. Fu per loro una gradita sorpresa, ma essendo il lago nel frattempo divenuto molto mosso, solo cinque di essi si avventurarono con noi nei barconi, disposti al rischio della difficoltosa traversata per le grosse onde causate dal forte vento, pur di togliersi dalla loro assai pericolosa condizione di ostaggi. Ricordo la signora Ada Coen e il figlio Giuliano, Mario Modigliani e altri di cui non conoscevo il nome. Tutti gli altri furono sistemati presso le famiglie già pronte ad accoglierli.
Quelli liberati e portati a riva, furono nascosti per alcuni giorni, imponendoli ospiti forzati al capo fascista locale Castellani Augusto gran seniore della milizia repubblichina, imponendogli non solo di tenerli nascosti ma anche di proteggerli e di mantenerli. Poi, dato come si svolse in questa nostra zona il passaggio del fronte che si fermò qui per ben 15 giorni e dette luogo alla grossa battaglia cosiddetta del Trasimeno, dovemmo spostarli portandoli al sicuro a Panicale appena quel paese fu liberato, per poi essere avviati alle loro residenze. Gli altri liberati e lasciati nell’isola, furono messi in salvo dagli isolani appena in tempo prima che i tedeschi venissero a prelevarli per trasferirli altrove nella loro ritirata. (11)
La versione del suo capo, Piero Marchettini, che si trova nello stesso volume, contiene alcune discrepanze, quattro delle quali sono sostanziali. Non parla affatto della sottrazione delle barche dall’aeroporto, resa necessaria dopo la requisizione di tutte le barche intorno al lago in quei giorni da parte del questore Scaminaci, (12) non parla della collaborazione forzata delle guardie ma riferisce che erano state catturate, non nomina la fuga di Lana, e sostiene che un gruppo di partigiani della propria banda fosse già presente sull’isola. Anche l’elenco dei partecipanti e leggermente diverso:
L’altro colpo di mano notturno fu la liberazione degli internati politici ed ebrei rinchiusi nel castello del marchese Guglielmi nell’Isola Maggiore del Trasimeno, che fu attuato subito dopo la occupazione di Roma (4 giugno nda). Dal luogo di raduno in località Palazzo, una nostra pattuglia di una diecina di partigiani, eludendo la vigilanza notturna tedesca, si portò al punto d’imbarco dove erano stati predisposti i mezzi, due grossi barconi. Il tempo poco propizio (ma non si poteva rimandare) peggiorò col vento contrario, e le acque del lago molto mosse ostacolarono la navigazione; ci vollero così oltre 2 ore per raggiungere nel cuore della notte l’isola, dove avevamo preventivamente dislocato nostri partigiani per preparare e favorire con la loro presenza e anche l’intesa con alcune famiglie del luogo il colpo di mano. Sbarcati e rapidamente raggiunto l’obbiettivo, come primo atto fu neutralizzato nel suo alloggio il capo della polizia addetta alla sorveglianza degli internati, il fascista Lana Luigi. Contemporaneamente, accerchiato e invaso il castello, catturate le guardie sbigottite dal nostro arrivo e che neppure tentarono alcuna resistenza, raggiungemmo tutti gli internati informandoli che, sapendo che essi erano in procinto di essere trasferiti più a nord con la ritirata tedesca, noi eravamo andati a liberarli. Così li rendemmo subito liberi, ma non avendo la possibilità di condurli tutti con noi in terra ferma, non tanto per la insufficienza delle nostre imbarcazioni ma più specialmente per la insicurezza nella traversata date le peggiorate condizioni della navigazione (grosso vento e grosse onde), solo alcuni si avventurarono con noi; tutti gli altri furono sistemati presso le famiglie disposte ad accoglierli, come già prima detto, protette per ogni eventualità dai nostri uomini armati colà dislocati.
Di quelli disposti al rischio della traversata con noi, ne ricordiamo cinque, precisamente: Ada Coen e Giuliano Coen di Perugia, Mario Modigliani e Bruno Ajò di Roma, ed Enrico Luftschitz di Trieste. Questi furono portati in salvo in terraferma e messi al sicuro proprio nella villa di Sanfatucchio del capo fascista locale Castellani Augusto, seniore della milizia repubblichina, che si sapeva in procinto di partire per il nord coi tedeschi, al quale fu impedita la partenza e gli fu imposto, pena la vita, l’occultamento e il mantenimento dei cinque internati fino la liberazione ormai prossima. Questa azione fu condotta da Marchettini Piero, Tini Carlo, Meoni Bruno, Meoni Sisto, Vinerba Vladimiro, Mencaroni Angelo, Casanova Antonio, e Altidoro detto Pallino.
I cinque internati da noi liberati, poi, quando il fronte di guerra giunse in questa nostra zona e si fermò sulla linea nelle valli sottostanti il monte Pausillo (appena a sud di noi), ed il Castiglionese fu l’infuocata retrovia tedesca, in quelle condizioni costituivano un grosso rischio per noi e anche per la vita di loro stessi, trovandosi essi proprio sulla nuova linea di resistenza tedesca, stabilita sui nostri colli del Trasimeno, dopo che le truppe tedesche dovettero ritirarsi, fallito che fu il tentativo di impadronirsi del Monte Pausillo, totalmente e validamente controllato dai partigiani attivi delle altre nostre bande che lo impedirono. Per evitare quel grosso rischio, noi dovemmo trasferirli da lì, operazione anch’essa assai rischiosa perché dovevamo muoverci tra i tedeschi padroni oltre che delle nostre colline anche della pianura — dove la grossa battaglia seguitò ancora altri dieci giorni — nella parte che dovevamo attraversare per portarli al sicuro a Panicale, appena questo paese fu liberato il 19 giugno con l’arrivo delle truppe inglesi, dopo cinque giorni di cruenta sosta del fronte nella valle del Moiano. Finalmente l’odissea di quegli ostaggi si concluse con l’invio da parte del Comando inglese alle loro residenze, tranne il Sig. Luftschitz Enrico che fu ricoverato all’Ospedale civile di Orvieto. (13)
Siccome questa azione è stata riconosciuta come la più importante della lotta partigiana intorno al lago nel periodo ottobre 1943-fine giugno 1944 non è sorprendente che anche i libri più recenti la nominino e le attribuiscano molta importanza. Nel 2004 Leopoldo Boscherini, che si occupa di studi filosofici e storici relativi al territorio perugino, fornì un elenco aggiornato dei partigiani:
Sisto Meoni, Bruno Meoni, Carlo Tini, Santino Quaglia, Antonio Casanova, Angelo Mencaroni detto ‘Ballila’, Altidoro Brancaleone detto ‘Pallino’, Vladimiro Vìnerba.
Fornisce anche un elenco degli ebrei liberati in cui appare un numero più grande di quello citato da Meoni e Marchettini:
i perugini Albertina Coen, Ada Coen, Livia Coen, Arnaldo Coen, Giuliano Coen, Raffaele Levi con la moglie Ernestina Dyahon (Dyasson nda) Levi e il figlio Harry Levi, Mario Modigliani e Bruno Ajò provenienti da Roma, il triestino Enrico Luftschitz. (14)
Boscherini torna sullo stesso argomento in un libro successivo intitolato La Persecuzione degli ebrei a Perugia ottobre 1943-luglio 1944, che fa parte della collana ‘Storia e Territorio XII, pubblicato da Le Balze di Montepulciano sotto il patrocinio del Comune di Castiglione del Lago e descritto sul sito web della biblioteca comunale come segue:
Studio analitico della persecuzione degli ebrei nella provincia di Perugia durante l’occupazione nazi-fascista. Il libro documenta il ruolo svolto da Armando Rocchi, Prefetto di Perugia durante il fascismo, e il caso, praticamente unico in Italia, della liberazione di una parte cospicua di ebrei ad opera delle forze partigiane. (15)
Con il passare degli anni, il mito partigiano ha acquisito un altro elemento dovuto ad una intervista concessa da Corrado Coen che nel dopoguerra divenne amico di Carlo Tini, partigiano citato nelle testimonianze di Meoni e Marchettini. Nipote di Livia, Albertina e Ada e cugino di Giuliano e Arnaldo, tutti internati ad Isola Maggiore, Corrado con la sua famiglia riuscì a fuggire nelle campagne del Monte Tezio all’ovest di Perugia dove rimase fino al 20 giugno 1944. Sostiene che i suoi parenti fossero stati
salvati dalla deportazione proprio all’ultimo momento: la mattina sarebbero stati trasportati alla stazione ferroviaria di Passignano dove era già pronto il treno per i campi di sterminio, e la notte precedente furono liberati dai partigiani. (16)
Anche Boscherini propone questa teoria:
La loro collocazione (gli ebrei nda) a un tiro d’arco dalla riva di Tuoro toglieva di mezzo ogni difficoltà del comando tedesco che vi era dislocato per un trasferimento rapido alla stazione ferroviaria, dove era già pronto il convoglio destinato a Fossoli. (17)
L’asserzione viene anche ripetuta il 27 gennaio 2009, con una piccola ma non insignificante modifica, sul sito della Lega SPI Perugia Sud (associata al sindacato CGIL) in occasione della Giornata della Memoria:
Il Lago Trasimeno per l’esercito tedesco era considerato strategico in quanto vicino alla stazione ferroviaria di Terontola, da dove i prigionieri venivano caricati e portati nei campi di concentramento e di sterminio in Germania. (18)
La riaffermazione dell’importanza dell’episodio della liberazione degli ebrei nella Storia della Resistenza lacustre appare in questo riassunto:
Quando una squadra partigiana che sta combattendo contro i nazi-fascisti nell’area del Trasimeno compie la spedizione che libera un’intera comunità di internati ad Isola Maggiore e li salva all’ultimo momento dalla deportazione, essa dimostra di considerare quest’impresa come un’azione di guerra che sta all’interno di una strategia militare complessiva: strappare al nemico il controllo territoriale e il potere sulla popolazione. (19)
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1 Sacco Solismo Storia della Resistenza nella zona sud-ovest Trasimeno Quaderni Regione dell’Umbria 1991 p. 170
2 L. Boscherini 2005 p. 98
3 S. Sacco p. 65
4 Ibidem p. 28
5 Ibidem pp. 120-121
6 Diario di Guerra 5 Northamptonshire Regiment WO 170/1466
7 Diario di Guerra 5 Northamptonshire Regiment WO 170/1466 non ne fa riferimento
8 Sacco p. 70
9 Il sergente Luigi Lana era un milite aggregato al Corpo di pubblica sicurezza, che era sotto il controllo dell Questore di Perugia. Il Corpo di pubblica sicurezza non va confuso con la Milizia Fascista che fu sciolto dopo la caduta di Mussolini e fu ricostituita l'8 dicembre 1943 come Guardia nazionale repubblicana (GNR).
10 Questo commento è incongruente: o Lana fu neutralizzato nel suo alloggio o era fuggito
11 Sacco p. 119
12 Vedi capitolo Gli Antefatti
13 S. Sacco pp. 67-8
14 Ibidem p. 138
15 wwwbibliocastiglione.it
16 L’intervista, concessa ad una persona non citata, appare in Boscherini 2004 pp. 151-2
17 L. Boscherini 2005 p. 101
18 wwwcgilumbria.it/documenti/memoria27.01.2009
19 L. Boscherini 2004 p. 13