I TESTIMONI - IL RAGAZZINO, IL FIGLIO DEL FASCISTA ED IL PRETE
L’isolano Sauro Scarpocchi, classe 1934, scrivendo del Castello Guglielmi sull'Isola Maggiore nel sul libro Diario di Bordo riferisce che
la custodia del castello e dei prigionieri fu affidata ad un certo signor Lana di Castiglione del Lago che portò ad Isola anche la sua famiglia composta dalla moglie, il figlio Guido e la figlia Sandra. Si stabilirono nella casa del dottor Benini, sita al centro del paese, sul lato verso il lago.(1)
Come è già stato detto, il sergente Luigi Lana fu trasferito insieme ad una parte degli ausiliari ad Isola Maggiore alla fine di febbraio 1944. Nel libro dell’ex-sindaco di Tuoro Gelardo Radi intitolato ‘L’Isola dei buoni Pescatori e il Parroco don Ottavio Posta’ Scarpocchi descrive così il sergente ed i suoi agenti:
Bravissime persone sia Lana che i ragazzi che facevano i guardiani. (2)
L’atteggiamento di Lana verso gli ebrei detenuti sotto la sua sorveglianza è ben dimostrato dalla testimonianza di uno degli agenti, Alessandro Bocerani di Tuoro, padre dell’fu sindaco del paese il dott. Mario Bocerani:
Va detto che allora, per approvvigionarsi da mangiare, c’era il tesseramento, per questo ogni persona aveva una tessera con dei bollini e ogni settimana si andava a fare la spesa e, ovviamente, veniva staccato il bollino e così si andava avanti. Quando arrivarono gli ebrei, ci accorgemmo che i profughi avevano la tessera già utilizzata, insomma, che c’era solo la matrice e però avevano fame, visto il viaggio e la sistemazione. Al castello infatti c’erano belle camere, dei bei servizi ma da mangiare, niente di niente. Mentre cercavamo una soluzione, il nostro comandante, che era Lana di Castiglione del Lago, che per me anche se fascista, era una persona stimabile, mi chiama e mi dice, ‘Senti, tu che abiti a Tuoro, vai dal commissario (che sostituiva in quel momento il podestà) e digli che questa gente deve mangiare, quindi che provveda.’ Preme che il commissario, ex maresciallo dei carabinieri, era una fascista di quelli che con la camicia nera andava a letto. Così feci: mi recai in comune, parlai col commissario, spiegando le nostre necessità. Egli mi ascoltava in silenzio... ad un certo punto bussò sul tavolo con una violenza tale che io spostai contemporaneamente la sedia indietro, e cominciò ad urlare, ‘Questa gente deve morire, non hanno diritto di vivere!’ così continuò per parecchi minuti. Nel frattempo che sbraitava, scriveva su un pezzo di carta, così mi fece preoccupare non poco, non capendo a chi fosse indirizzato e quale fosse il contenuto dello scritto. Dopo aver finito di scrivere, dandomi il biglietto di carta ripiegato, mi disse, ‘Vai dal sor Giulio al palazzo delle OOPP (3) al Rondò.’ Lo salutai e mi recai sul posto, senza avere il coraggio di controllare lo scritto del biglietto che in ogni caso consegnai al Sor Giulio Cosca. Questo lo lesse, mi guardò e mi disse, ‘Ma tutta questa roba come la porti via, qui c’è farina, olio, riso...’ comunque, dopo la prima sorpresa riuscii a portare la roba a Isola e subito fecero da mangiare e tutto finì bene. (4)
All’epoca Guido Lana, il figlio del seniore, era un ragazzo di quindici anni. Rammenta:
Io ero a Isola, il mio babbo comandava il campo di concentramento che c’era; però ci fu una rappresaglia lì... Allora, che cosa è successo? È successo questo, che alla vigilia (5) arrivò un fonogramma da Perugia dal Comando che diceva a mio padre di consegnare i confinati tenuti al più vicino Comando tedesco... ci sono pochi che sanno questa storia. E mio padre disse, ‘Ma questo è matto, se io consegno questi ai tedeschi mica se li portano dietro, li fanno fuori.’ Quindi chiamò tutti a raccolta sul piazzale e gli disse, ‘Io ho ricevuto le istruzioni di consegnarvi ai tedeschi, io non ho nessuna intenzione di obbedire agli ordini, mi sembra follia. A voi che siete nel campo do un consiglio: scendete in paese, vediamo se riusciamo a mischiarvi alla popolazione, in modo tale che se viene qualcuno non vi riconosce.’ (6)
Siccome tutte le autorità fasciste lasciarono l’Umbria entro il 12 giugno probabilmente Luigi Lana ricevette il fonogramma il giorno precedente. Non è possibile stabilire da quale ufficio o quale funzionario fosse stato emesso, se non dal Segretario Generale in funzione sostitutiva del maggiore Enrico Armanni, incaricato il 10 giugno. (7) Più importante della provenienza del fonogramma è che Lana non applicò la direttiva perché condivise la decisione del Prefetto Rocchi che gli ebrei non andavano consegnati ai tedeschi.
Nel suo libro Sauro Scarpocchi parla degli avvenimenti che seguirono la decisione di Lana di non tenere più gli ebrei e prigionieri politici dentro il castello ma di lasciarli liberi:
Durante il pomeriggio del 13 giugno giunse in paese un gruppetto di militari tedeschi che si misero a sparare ai polli del signor Flaminio. Giovacchino e suo fratello Umberto si avvicinarono ai militari dicendo, ‘Camerati non sparate, diteci quanti ne volete e noi ve li diamo.’ Finì che ne presero un bel ‘mazzo’. (8)
I militari appartenevano alla Feldgendarmerie, l'unità di polizia militare che operava nei territori occupati della Wehrmacht (9) In questo periodo il loro compito principale era di controllare e sopprimere le attività partigiane e giustiziare i partigiani stessi. Avevano istallato il loro comando a Vernazzano, fra Tuoro e Passignano, da dove potevano pattugliare sia le sponde del lago che le vicine montagne. Scarpocchi scrisse:
Non avevamo capito il perché delle visite dei militari tedeschi. Lo capimmo il giorno dopo. Il 14 giugno cominciò come gli altri giorni e niente faceva presagire quello che sarebbe avvenuto nel pomeriggio. Attorno alle ore 16 arrivò ad Isola una barca con quattro militari tedeschi. Attraccò al porto del signor Flaminio Scarpocchi, che si trova a Nord di Isola. Un militare rimase di guardia alla barca e tre cominciarono a perquisire le case alla ricerca di una radio, (10) entravano, guardavano, chiedevano di questa radio, uscivano da una casa, entravano in quella accanto. Io e altri ragazzini, tra cui ricordo Vittorio e Leonardo, seguivamo questo entrare e uscire di casa in casa. Sì arrivò così in fondo al paese, all’abitazione della famiglia Paci.
Il parroco dell’isola, don Ottavio Posta, riprende la storia:
Trovarono l’intera famiglia seduta fuori di casa. Domandarono la radio; saputo che non l’avevano vollero perquisire la casa. Non avendola trovata (era stata nascosta in un cespuglio dietro la casa) e forse perché avranno notato lo scatolone che era rimasto in casa, intimarono al genero dei Paci, Chiappafreddo Orlando, di seguirli al Comando. Proposta alla quale si rifiutò. Al rifiuto, il tedesco lo afferrò al petto trascinandolo per le scale. Il suocero, Paci Vincenzo, rimasto al vertice della scala, accorse per fare opera di persuasione, ma un altro tedesco che era rimasto nell’orticello cominciò a sparare all’impazzata ferendo mortalmente il soldato tedesco, il Paci Vincenzo e il Chiappafreddo Orlando. Il soldato tedesco ferito al petto fuggì e si gettò nel lago ove subito spirò. Il Paci Vincenzo ebbe cinque colpi al petto e poco dopo morì. Chiappafreddo Orlando era addirittura crivellato di colpi alla schiena e poco dopo morì. Il tedesco sparatore dell’orticello, veduta la strage, fuggì forse per aiutare il compagno verso il lago e fu raggiunto da due colpi di moschetto sparati dal figlio di Paci Vincenzo, Giuseppe, che era corso in aiuto del padre. Il moschetto era della guardia repubblicana. Lo sparatore, ferito gravemente, si gettò nel lago e morì arrivato a Passignano a nuoto. Il terzo tedesco si era nascosto tra le piante e, veduto il Paci Giuseppe sparare sul compagno, sparò contro di lui vari colpi di pistola ferendolo ad un piede e all’addome, quindi si dette a correre all’impazzata per il paese sparando finché ebbe colpi, ma a sua volta fu colto da due fucilate a pallini e fuggì per il poggio perdendo molto sangue. Fu ritrovato e portato via nella notte da altri tedeschi, venuti la sera stessa. Il quarto caricò la radio e partì, fatti nemmeno 500 metri gettò la radio in acqua. Non appena il quarto arrivò a terra, fu organizzata la spedizione contro Isola perché il fuggitivo aveva raccontato di essere stati accolti dai partigiani e non disse del fatto della radio. Tanto è vero che al Comando quando seppero della radio (11) mutarono atteggiamento. Furono prima sparati 40 colpi di cannone e quindi arrivarono i soldati in assetto di guerra con fucili mitragliatori, bombe a mano e gelatina. La popolazione rimasta – molti erano scappati appena cominciarono il bombardamento – fu cacciata in avanti ai fucili mitragliatori e ammassata, fu lasciata libera solo quando fu possibile fargli comprendere che erano venuti a portar via le radio e che l’uccisore del tedesco era l’altro tedesco. Partirono da Isola circa le 22, portandosi via il Paci Giuseppe ferito, che poi uccisero appena arrivati a terra lasciandolo in un fossato. Il giorno successivo, 15 giugno, alle cinque arrivarono i tedeschi con fucili, bombe e scatole di gelatina, cacciarono i pochi rimasti dinanzi al cimitero sempre con i fucili mitragliatori spianati e lì li tennero finché il Parroco [don Ottavio Posta], passando tra le scariche di fucile, non poté raggiungere il Comando e dimostrare, sotto la sua personale responsabilità, che vi era stato un solo morto e che gli altri che mancavano non erano morti ma solo feriti. Allora la strage fu convertita in saccheggio. Il saccheggio durò tre giorni e i poveri isolani furono letteralmente spogliati di tutto. Quello che non poterono portar via disunissero e bruciarono. Tanta era la smania di distruzione che ad ogni bicchiere di vino che bevevano gettavano per terra il bicchiere. Per rompere i vetri mitragliavano le finestre. Saccheggiarono persino la casa dei Paci ove erano i morti, portando via lire diecimilacinquecento, che erano tutte le risorse di tre donne rimaste sole. Cercarono persino di fare sollecitazioni carnali alle poverette, chine sopra i morti a piangere. In complesso esportarono venti barcate di roba. La loro memoria sarà maledetta in eterno. (12)
Non si può sapere il motivo per il cui il tedesco raccontò ai suoi superiori che all’isola c’erano i partigiani, a meno che non si riferisse al giovane Paci, armato con il moschetto. Spesso i tedeschi non facevano distinzione fra i partigiani ed i civili, un fatto che emerse durante un processo per il massacro di Lagacciolo in Toscana nell’immediato dopoguerra:
Un testimone ha indicato come causa scatenante l’uccisione di un soldato tedesco e il ferimento di un altro da parte di alcuni civili. Quando è stato suggerito al tedesco incriminato che potessero essere dei partigiani i responsabili della morte del soldato tedesco, egli ha risposto che civili e partigiani erano la stessa cosa. (13)
Però va ricordato che nel suo racconto della liberazione degli ebrei Piero Marchettini disse che sull’Isola
avevamo preventivamente dislocato nostri partigiani per preparare e favorire con la loro presenza e anche l’intesa con alcune famiglie del luogo il colpo di mano. (14)
Non si può escludere che i partigiani di Marchettini avessero usato una radio ricetrasmittente (15) clandestina per informare il capo della loro imminente partenza dall’isola. Probabilmente i tedeschi della Feldgendarmerie addetti alla caccia ai banditen (16) avrebbero intercettato la comunicazione.
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1 S. Scarpocchi Diario di Bordo pp. 28-9
2 G. Radi p. 82
3 Opere Pubbliche
4 G. Radi pp. 84-5
5 Probabilmente la vigilia della fuga del gerarca fascista da Perugia il 12 giugno
6 Intervista riportata nel libro La Battaglia Dimenticata giugno-luglio 1944 Dethick Janet Kinrade Fondazione Uguccione Ranieri di Sorbello Perugia 200
7 Vedi capitolo Gli Antefatti
8 Scarpocchi pp. 31-32
9 L’esatto reparto è sconosciuto
10 In alcuni paesi che avevano occupato, i nazisti confiscavano a tappeto le radio dei cittadini. Poi, avevano radiogoniometri in grado di rilevare il segnale dell'oscillatore locale dei ricevitori supereterodini, quindi potevano individuare anche le radio ricetrasmittenti. Si suppone che ne avessero individuato una sull’isola
11Probabilmente il prete intendeva dire 'quando seppero che tipo di radio era' invece di 'quando seppero della radio' – cioè non era la radio ricetrasmittente che cercavano e che avrebbe indicato una presenza partigiana all'isola.
12 Relazione fatta al Vescovo di Perugia, a seguito di una richiesta ‘Riservata’ della Sacra Congregazione Concistoriale della Santa Sede’ datata 5 settembre 1944 in Don Ottavio Posta Amico degli Ebrei portati all’Isola Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve 2007 pp. 12-14. Questa scritta è stata contestata da Sauro Scarpocchi nel suo libro recente. Vedi
13 Enzo Droandi, Arezzo distrutta. I massacri avvenuti attorno ad Arezzo nei documenti della Wehrmacht Calosci Cortona 1995 p. 17
14 S. Sacco pp. 67-8
15 Alcuni isolani hanno riferito all'autrice che la radio ricetrasmittente era in possesso di uno sfollato sconosciuto che si faceva chiamare Professore, e fu ritrovata nel suo alloggio dopo la sua partenza. Vedi Appendice
16 Parole usata dai tedeschi per descrivere i partigiani
la custodia del castello e dei prigionieri fu affidata ad un certo signor Lana di Castiglione del Lago che portò ad Isola anche la sua famiglia composta dalla moglie, il figlio Guido e la figlia Sandra. Si stabilirono nella casa del dottor Benini, sita al centro del paese, sul lato verso il lago.(1)
Come è già stato detto, il sergente Luigi Lana fu trasferito insieme ad una parte degli ausiliari ad Isola Maggiore alla fine di febbraio 1944. Nel libro dell’ex-sindaco di Tuoro Gelardo Radi intitolato ‘L’Isola dei buoni Pescatori e il Parroco don Ottavio Posta’ Scarpocchi descrive così il sergente ed i suoi agenti:
Bravissime persone sia Lana che i ragazzi che facevano i guardiani. (2)
L’atteggiamento di Lana verso gli ebrei detenuti sotto la sua sorveglianza è ben dimostrato dalla testimonianza di uno degli agenti, Alessandro Bocerani di Tuoro, padre dell’fu sindaco del paese il dott. Mario Bocerani:
Va detto che allora, per approvvigionarsi da mangiare, c’era il tesseramento, per questo ogni persona aveva una tessera con dei bollini e ogni settimana si andava a fare la spesa e, ovviamente, veniva staccato il bollino e così si andava avanti. Quando arrivarono gli ebrei, ci accorgemmo che i profughi avevano la tessera già utilizzata, insomma, che c’era solo la matrice e però avevano fame, visto il viaggio e la sistemazione. Al castello infatti c’erano belle camere, dei bei servizi ma da mangiare, niente di niente. Mentre cercavamo una soluzione, il nostro comandante, che era Lana di Castiglione del Lago, che per me anche se fascista, era una persona stimabile, mi chiama e mi dice, ‘Senti, tu che abiti a Tuoro, vai dal commissario (che sostituiva in quel momento il podestà) e digli che questa gente deve mangiare, quindi che provveda.’ Preme che il commissario, ex maresciallo dei carabinieri, era una fascista di quelli che con la camicia nera andava a letto. Così feci: mi recai in comune, parlai col commissario, spiegando le nostre necessità. Egli mi ascoltava in silenzio... ad un certo punto bussò sul tavolo con una violenza tale che io spostai contemporaneamente la sedia indietro, e cominciò ad urlare, ‘Questa gente deve morire, non hanno diritto di vivere!’ così continuò per parecchi minuti. Nel frattempo che sbraitava, scriveva su un pezzo di carta, così mi fece preoccupare non poco, non capendo a chi fosse indirizzato e quale fosse il contenuto dello scritto. Dopo aver finito di scrivere, dandomi il biglietto di carta ripiegato, mi disse, ‘Vai dal sor Giulio al palazzo delle OOPP (3) al Rondò.’ Lo salutai e mi recai sul posto, senza avere il coraggio di controllare lo scritto del biglietto che in ogni caso consegnai al Sor Giulio Cosca. Questo lo lesse, mi guardò e mi disse, ‘Ma tutta questa roba come la porti via, qui c’è farina, olio, riso...’ comunque, dopo la prima sorpresa riuscii a portare la roba a Isola e subito fecero da mangiare e tutto finì bene. (4)
All’epoca Guido Lana, il figlio del seniore, era un ragazzo di quindici anni. Rammenta:
Io ero a Isola, il mio babbo comandava il campo di concentramento che c’era; però ci fu una rappresaglia lì... Allora, che cosa è successo? È successo questo, che alla vigilia (5) arrivò un fonogramma da Perugia dal Comando che diceva a mio padre di consegnare i confinati tenuti al più vicino Comando tedesco... ci sono pochi che sanno questa storia. E mio padre disse, ‘Ma questo è matto, se io consegno questi ai tedeschi mica se li portano dietro, li fanno fuori.’ Quindi chiamò tutti a raccolta sul piazzale e gli disse, ‘Io ho ricevuto le istruzioni di consegnarvi ai tedeschi, io non ho nessuna intenzione di obbedire agli ordini, mi sembra follia. A voi che siete nel campo do un consiglio: scendete in paese, vediamo se riusciamo a mischiarvi alla popolazione, in modo tale che se viene qualcuno non vi riconosce.’ (6)
Siccome tutte le autorità fasciste lasciarono l’Umbria entro il 12 giugno probabilmente Luigi Lana ricevette il fonogramma il giorno precedente. Non è possibile stabilire da quale ufficio o quale funzionario fosse stato emesso, se non dal Segretario Generale in funzione sostitutiva del maggiore Enrico Armanni, incaricato il 10 giugno. (7) Più importante della provenienza del fonogramma è che Lana non applicò la direttiva perché condivise la decisione del Prefetto Rocchi che gli ebrei non andavano consegnati ai tedeschi.
Nel suo libro Sauro Scarpocchi parla degli avvenimenti che seguirono la decisione di Lana di non tenere più gli ebrei e prigionieri politici dentro il castello ma di lasciarli liberi:
Durante il pomeriggio del 13 giugno giunse in paese un gruppetto di militari tedeschi che si misero a sparare ai polli del signor Flaminio. Giovacchino e suo fratello Umberto si avvicinarono ai militari dicendo, ‘Camerati non sparate, diteci quanti ne volete e noi ve li diamo.’ Finì che ne presero un bel ‘mazzo’. (8)
I militari appartenevano alla Feldgendarmerie, l'unità di polizia militare che operava nei territori occupati della Wehrmacht (9) In questo periodo il loro compito principale era di controllare e sopprimere le attività partigiane e giustiziare i partigiani stessi. Avevano istallato il loro comando a Vernazzano, fra Tuoro e Passignano, da dove potevano pattugliare sia le sponde del lago che le vicine montagne. Scarpocchi scrisse:
Non avevamo capito il perché delle visite dei militari tedeschi. Lo capimmo il giorno dopo. Il 14 giugno cominciò come gli altri giorni e niente faceva presagire quello che sarebbe avvenuto nel pomeriggio. Attorno alle ore 16 arrivò ad Isola una barca con quattro militari tedeschi. Attraccò al porto del signor Flaminio Scarpocchi, che si trova a Nord di Isola. Un militare rimase di guardia alla barca e tre cominciarono a perquisire le case alla ricerca di una radio, (10) entravano, guardavano, chiedevano di questa radio, uscivano da una casa, entravano in quella accanto. Io e altri ragazzini, tra cui ricordo Vittorio e Leonardo, seguivamo questo entrare e uscire di casa in casa. Sì arrivò così in fondo al paese, all’abitazione della famiglia Paci.
Il parroco dell’isola, don Ottavio Posta, riprende la storia:
Trovarono l’intera famiglia seduta fuori di casa. Domandarono la radio; saputo che non l’avevano vollero perquisire la casa. Non avendola trovata (era stata nascosta in un cespuglio dietro la casa) e forse perché avranno notato lo scatolone che era rimasto in casa, intimarono al genero dei Paci, Chiappafreddo Orlando, di seguirli al Comando. Proposta alla quale si rifiutò. Al rifiuto, il tedesco lo afferrò al petto trascinandolo per le scale. Il suocero, Paci Vincenzo, rimasto al vertice della scala, accorse per fare opera di persuasione, ma un altro tedesco che era rimasto nell’orticello cominciò a sparare all’impazzata ferendo mortalmente il soldato tedesco, il Paci Vincenzo e il Chiappafreddo Orlando. Il soldato tedesco ferito al petto fuggì e si gettò nel lago ove subito spirò. Il Paci Vincenzo ebbe cinque colpi al petto e poco dopo morì. Chiappafreddo Orlando era addirittura crivellato di colpi alla schiena e poco dopo morì. Il tedesco sparatore dell’orticello, veduta la strage, fuggì forse per aiutare il compagno verso il lago e fu raggiunto da due colpi di moschetto sparati dal figlio di Paci Vincenzo, Giuseppe, che era corso in aiuto del padre. Il moschetto era della guardia repubblicana. Lo sparatore, ferito gravemente, si gettò nel lago e morì arrivato a Passignano a nuoto. Il terzo tedesco si era nascosto tra le piante e, veduto il Paci Giuseppe sparare sul compagno, sparò contro di lui vari colpi di pistola ferendolo ad un piede e all’addome, quindi si dette a correre all’impazzata per il paese sparando finché ebbe colpi, ma a sua volta fu colto da due fucilate a pallini e fuggì per il poggio perdendo molto sangue. Fu ritrovato e portato via nella notte da altri tedeschi, venuti la sera stessa. Il quarto caricò la radio e partì, fatti nemmeno 500 metri gettò la radio in acqua. Non appena il quarto arrivò a terra, fu organizzata la spedizione contro Isola perché il fuggitivo aveva raccontato di essere stati accolti dai partigiani e non disse del fatto della radio. Tanto è vero che al Comando quando seppero della radio (11) mutarono atteggiamento. Furono prima sparati 40 colpi di cannone e quindi arrivarono i soldati in assetto di guerra con fucili mitragliatori, bombe a mano e gelatina. La popolazione rimasta – molti erano scappati appena cominciarono il bombardamento – fu cacciata in avanti ai fucili mitragliatori e ammassata, fu lasciata libera solo quando fu possibile fargli comprendere che erano venuti a portar via le radio e che l’uccisore del tedesco era l’altro tedesco. Partirono da Isola circa le 22, portandosi via il Paci Giuseppe ferito, che poi uccisero appena arrivati a terra lasciandolo in un fossato. Il giorno successivo, 15 giugno, alle cinque arrivarono i tedeschi con fucili, bombe e scatole di gelatina, cacciarono i pochi rimasti dinanzi al cimitero sempre con i fucili mitragliatori spianati e lì li tennero finché il Parroco [don Ottavio Posta], passando tra le scariche di fucile, non poté raggiungere il Comando e dimostrare, sotto la sua personale responsabilità, che vi era stato un solo morto e che gli altri che mancavano non erano morti ma solo feriti. Allora la strage fu convertita in saccheggio. Il saccheggio durò tre giorni e i poveri isolani furono letteralmente spogliati di tutto. Quello che non poterono portar via disunissero e bruciarono. Tanta era la smania di distruzione che ad ogni bicchiere di vino che bevevano gettavano per terra il bicchiere. Per rompere i vetri mitragliavano le finestre. Saccheggiarono persino la casa dei Paci ove erano i morti, portando via lire diecimilacinquecento, che erano tutte le risorse di tre donne rimaste sole. Cercarono persino di fare sollecitazioni carnali alle poverette, chine sopra i morti a piangere. In complesso esportarono venti barcate di roba. La loro memoria sarà maledetta in eterno. (12)
Non si può sapere il motivo per il cui il tedesco raccontò ai suoi superiori che all’isola c’erano i partigiani, a meno che non si riferisse al giovane Paci, armato con il moschetto. Spesso i tedeschi non facevano distinzione fra i partigiani ed i civili, un fatto che emerse durante un processo per il massacro di Lagacciolo in Toscana nell’immediato dopoguerra:
Un testimone ha indicato come causa scatenante l’uccisione di un soldato tedesco e il ferimento di un altro da parte di alcuni civili. Quando è stato suggerito al tedesco incriminato che potessero essere dei partigiani i responsabili della morte del soldato tedesco, egli ha risposto che civili e partigiani erano la stessa cosa. (13)
Però va ricordato che nel suo racconto della liberazione degli ebrei Piero Marchettini disse che sull’Isola
avevamo preventivamente dislocato nostri partigiani per preparare e favorire con la loro presenza e anche l’intesa con alcune famiglie del luogo il colpo di mano. (14)
Non si può escludere che i partigiani di Marchettini avessero usato una radio ricetrasmittente (15) clandestina per informare il capo della loro imminente partenza dall’isola. Probabilmente i tedeschi della Feldgendarmerie addetti alla caccia ai banditen (16) avrebbero intercettato la comunicazione.
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1 S. Scarpocchi Diario di Bordo pp. 28-9
2 G. Radi p. 82
3 Opere Pubbliche
4 G. Radi pp. 84-5
5 Probabilmente la vigilia della fuga del gerarca fascista da Perugia il 12 giugno
6 Intervista riportata nel libro La Battaglia Dimenticata giugno-luglio 1944 Dethick Janet Kinrade Fondazione Uguccione Ranieri di Sorbello Perugia 200
7 Vedi capitolo Gli Antefatti
8 Scarpocchi pp. 31-32
9 L’esatto reparto è sconosciuto
10 In alcuni paesi che avevano occupato, i nazisti confiscavano a tappeto le radio dei cittadini. Poi, avevano radiogoniometri in grado di rilevare il segnale dell'oscillatore locale dei ricevitori supereterodini, quindi potevano individuare anche le radio ricetrasmittenti. Si suppone che ne avessero individuato una sull’isola
11Probabilmente il prete intendeva dire 'quando seppero che tipo di radio era' invece di 'quando seppero della radio' – cioè non era la radio ricetrasmittente che cercavano e che avrebbe indicato una presenza partigiana all'isola.
12 Relazione fatta al Vescovo di Perugia, a seguito di una richiesta ‘Riservata’ della Sacra Congregazione Concistoriale della Santa Sede’ datata 5 settembre 1944 in Don Ottavio Posta Amico degli Ebrei portati all’Isola Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve 2007 pp. 12-14. Questa scritta è stata contestata da Sauro Scarpocchi nel suo libro recente. Vedi
13 Enzo Droandi, Arezzo distrutta. I massacri avvenuti attorno ad Arezzo nei documenti della Wehrmacht Calosci Cortona 1995 p. 17
14 S. Sacco pp. 67-8
15 Alcuni isolani hanno riferito all'autrice che la radio ricetrasmittente era in possesso di uno sfollato sconosciuto che si faceva chiamare Professore, e fu ritrovata nel suo alloggio dopo la sua partenza. Vedi Appendice
16 Parole usata dai tedeschi per descrivere i partigiani