GLI ANTEFATTI
Il 2 gennaio 1944, quattro mesi dopo l’armistizio dell’8 settembre e mentre l’esercito alleato stentava a salire la penisola italiana, cominciò la sorveglianza del tratto della linea ferroviaria Terontola-Chiusi, dal km 189 al km 165, da parte di ausiliari del Corpo degli agenti di pubblica sicurezza, un reparto che dipendeva dal partito fascista dal 1925. (1)
Dopo l’8 settembre molti appartenenti al Corpo degli agenti di pubblica sicurezza si erano allontanati dal proprio posto di servizio per raggiungere le località d’origine, e furono sostituiti da questi agenti ausiliari. Il loro reclutamento avveniva su nomina prefettizia, ovvero il Prefetto emetteva un bando con il quale veniva richiesto l’arruolamento di agenti, sottufficiali, e ufficiali ausiliari ai quali veniva richiesto di presentarsi presso le questure. I nominativi degli agenti ausiliari arruolati venivano quindi comunicati dai Prefetti al Ministero degli Interni della Repubblica sociale italiana.(2)
Il 16 ottobre, il maresciallo Rodolfo Graziani, ministro della Difesa, militare di carriera, aveva chiamato alle armi l’ultimo scaglione del 1924 e l’intera classe 1925 con scadenza il 9 novembre. Rispose meno della metà dei 180.000 precettati in tutta la zona sotto il controllo della Repubblica di Salò.
Fra coloro che avevano risposto molti si erano arruolati negli ausiliari per evitare di trovarsi al fronte, e nel febbraio del 1944, in seguito a un altro bando Graziani del 18 del mese – in cui si minacciava insieme alle loro famiglie coloro che non si sarebbero presentati (3) – il numero di agenti in servizio lungo la linea Terontola–Chiusi era cresciuto a 125. I settori 1 e 2, nominati Banditella e Pescia, avevano il comando a Castiglione del Lago a Casa Romizi (4) ed era sotto il comando del Capitano Ascensi di Paciano. Un milite, il sergente Luigi Lana di Castiglione del Lago, e una parte degli agenti ausiliari, furono mandati ad Isola Maggiore alla fine del mese per sorvegliare il gruppo di ebrei e priogionieri politici ivi internato dal Prefetto di Perugia, Armando Rocchi.
Che il Questore fascista Baldassare Scaminaci aveva poca considerazione per questi agenti può essere individuato dal seguenti commento:
In quest’ultima località, per ordine espresso del Prefetto dott. Rocchi, venne disposto un servizio di vigilanza del tutto inefficiente composto da agenti ausiliari di Pubblica Sicurezza, così da rendere possibile, alcuni giorni prima dell’avanzata anglo-americana, la fuga di tutti gli ebrei da detta isola.
Nell’immediato dopoguerra il Prefetto Rocchi fu processato per numerosi reati contro gli antifascisti ma il suo atteggiamento verso gli ebrei non era quello che il suo partito ed i loro alleati tedeschi pretendevano. Durante uno dei processi in cui era coinvolto sostenne che l’appartenenza a razza ebraica non fosse motivo di spoliazione, di restrizione personale, di deportazione e di soppressione, e disse di aver applicato le disposizioni con la maggior possibile lentezza. Dette questo esempio:
Il 2 dicembre 1943, due giorni dopo un annuncio per radio, furono date per telegramma cifrato dal Governo della Repubblica, le disposizioni per l’arresto degli appartenenti alla razza ebraica. Io le feci eseguire dalla Questura (scelsi tale organo, sia perché sapevo non essere contrario agli ebrei, sia perché mi era noto che il Questore aveva vedute identiche alle mie), iniziandole 60 ore dopo la notificazione radio e facendole terminare nella mattinata stessa. Naturalmente gli interessati, con le 60 ore intercorse tra l’annunzio e la esecuzione, ebbero tutto il tempo che vollero per non farsi prendere e furono fermati perciò solo quei pochi (non ricordo il numero), che non cedettero comunque assentarsi. (5)
Il Questore di Perugia Baldassare Scaminaci testimoniò a suo favore:
Varese, lì, 10 agosto 1945
In qualità di Questore di Perugia prima e di Questore addetto al Commissariato dopo, ordine all’arresto degli ebrei e al sequestro dei loro beni.
Il sottoscritto Scaminaci Baldassarre, Ispettore Generale di Pubblica Sicurezza in quiescenza, dichiara in quanto conforme a verità quanto segue:
Giusto ordine riferisca circa le disposizioni date dal Rocchi in Ministeriale, venni incaricato, sulla fine di novembre 1943 (millenovecentoquarantatre) di reggere la Questura di Perugia, alle dipendenze del Prefetto dott. Armando Rocchi.
Allorquando pervenne dal Governo centrale del tempo l’ordine-radio6 delle misure di rigore da adottarsi in confronto agli appartenenti alla razza ebraica, il suddetto Prefetto, o Capo della Provincia come allora appellavansi, mi chiese se ritenevo o meno il caso di dare esecuzione immediata a tale ordine o se non fosse logico attendere invece ordine telegrafico o scritto; ritenni tale domanda suggestiva in senso favorevole agli ebrei e ne ebbi conferma allorché feci presente la necessità di attendere la conferma scritta allo scopo di conoscere le modalità di esecuzione. Il dott. Rocchi accolse con evidente soddisfazione il pretesto legale di non dare corso all’ordine-radio ministeriale e tenne fermo tale punto di vista, anche di fronte a pressioni di altri organi. In seguito, credo due giorni dopo, pervenne alla Prefettura l’ordine telegrafico di procedere al fermo degli ebrei, da arrestare e tradurre poi nei campi di concentramento. Ciò malgrado e con nuovo pretesto di difficoltà di interpretazione del testo telegrafico, il prefetto dott. Rocchi lasciò passare ancora altre dodici ore prima di passare l’ordine agli organi esecutivi. Risultato di tali tergiversazioni fu quello che la quasi totalità degli appartenenti alla razza ebraica ebbero agio di sottrarsi indisturbati asportando seco tutti i valori. Quei pochi i quali, malgrado tali misure, si fecero trovare in casa e che furono arrestati, non vennero messi in carcere ma prima, nel periodo invernale, furono allogati in un locale adatto, nelle Scuole Magistrali, appositamente requisito, consentendo loro di usufruire di materiale mobile di proprietà (letti, coperte, qualche tavolo, sedie e financo cucine) e di fare in città degli acquisti personalmente, accompagnati da qualche agente di Pubblica Sicurezza; successivamente nel periodo estivo, dico meglio primaverile, quei pochi ebrei, credo che in tutto fossero una quindicina, vennero trasportati nell’Isola Maggiore sul Trasimeno, nella villa del marchese Guglielmi, dove godevano di una completa libertà diurna. Tale località venne, per interessamento spontaneo del dott. Rocchi, prescelta per evitare la loro traduzione al campo di concentramento di Carpi, richiesta ripetutamente al Ministero. (7)
Più di un mese prima che uscisse la disposizione alla quale riferiscono Rocchi e Scaminaci l’ebreo il signor Abramo Krachmalnicoff fu avvertito di un suo imminente arresto e fuggì insieme alla famiglia. Nonostante non fosse fascista, Krachmalnicoff non esitò a testimoniare nella difesa del prefetto:
A richiesta della famiglia di Armando Rocchi, posso dichiarare quanto segue:
Nell’ottobre 1943, quando fui perseguitato per ragioni razziali, sono stato avvertito da Armando Rocchi, a mezzo di un comune amico, di un mandato di cattura emesso a carico mio, in questa occasione fui consigliato di nascondermi. Ho ragione di presumere che durante il periodo ottobre 1943 - giugno 1944, Rocchi sapeva dove mi nascondevo e dove si nascondevano altri membri della mia famiglia (la moglie e due figli) ma nulla ha fatto per arrestarmi. Aggiungo, inoltre, di non conoscere personalmente Armando Rocchi, e che ho fatto questa dichiarazione, non per diminuire le gravissime colpe di Armando Rocchi, ma perché credo che sia il mio dovere di dire la verità, anche se è a favore di un gerarca fascista repubblicano.
In fede
Firmato Krachmalnicoff Abramo
Via del Verzaro, 1
Perugia (8)
Fra gli ebrei che non si nascosero come avrebbe sperato Rocchi c’era la signora Livia Coen. Maestra giardiniera, iscritta al Partito Nazionale Fascista dal 1923, nel 1917 e nel 1926 aveva ricevuto due ‘diplomi di benemerenza’ dal Ministero dell’Educazione Nazionale per la sua dedizione all’insegnamento popolare. (9) In una lettera scritta a Perugia e datata il 3 settembre 1945 parla del suo arresto ed i tentativi di Rocchi di evitare un suo trasferimento altrove:
Io sottoscritta Livia Coen dichiaro che il giorno 14 dicembre 1943 insieme a mia sorella Albertina e mia cognata Ada Saralvo fui arrestata dai Carabinieri perché appartenente a razza ebraica e fui portata in campo di concentramento prima alla Villa Ajò, poi alle Scuole Magistrali e infine al Castello Guglielmi. Il Capo della Provincia dott. Armando Rocchi mi chiamò in Prefettura due giorni dopo che fui arrestata e mi addimostrò il suo dispiacere per il nostro arresto e aggiunse che non potendo far nulla per la nostra liberazione mi promise che fino a che lui era Capo della Provincia, non ci avrebbe allontanato dalla Provincia; infatti questa promessa la mantenne. Alla richiesta che dovevamo essere trasportati dalle Magistrali al Campo di Concentramento Nazionale di Carpi in provincia di Modena, lui pensò di metterci al Castello Guglielmi, Isola Maggiore, sul Trasimeno, tanto per mantenere la sua parola e nasconderci dalle ire tedesche.
Firmato Livia Coen fu Arnaldo (10)
Ada Saralvo in Coen, fascista convinta quanto la cognata Livia, era la moglie di Enrico Coen che nel settembre 1935 era partito volontario per la campagna d’Africa. In seguito alle leggi razziali, alla metà di novembre 1938 la signora Ada aveva inviato a Benito Mussolini una lettera:
Duce, sono una romagnola... sono una donna fascista & un’umile vostra gregaria che non ha che un sogno, un desiderio, una speranza, conferire voi, sia pure per brevi istanti. Cose gravi imminenti incombono su di me e sui miei piccoli (mio marito è da tre anni volontario in A.I.).(11) Solo voi potete salvarmi. Se Vi degnerete accordarmi un appuntamento. Posso sperare tanto? Ve ne supplico, mio Duce magnanimo: non date una delusione a chi da anni non vive che nell’esaltazione delle Vostre idee e teorie; trovate sempre sante e giuste.
Con profonda devozione,
Ada Saralvo (12)
Durante la sua difesa Rocchi descrive l’arresto di Ada il 14 dicembre 1943:
Due o tre giorni prima della promulgazione radio (13) delle misure detentive antiebraiche, venne da me la Signora Ada Coen nata Saralvo che, preannunciandomi le misure anzidette, mi dichiarò che lei e la sua famiglia, in omaggio agli ordini del Governo, erano pronte a costituirsi, ma che però temevano di essere deportate in Germania ed uccise, in conformità di quanto era loro noto essere riservato colà ai cittadini di razza ebraica. Quantunque io non credessi a quanto ella mi asseriva accadere in Germania, pure io le riposi che non era mio intendimento inviarvi alcuno ma che, non sentendomi tuttavia sicuro di aver la forza di oppormi alle richieste tedesche in materia, consigliavo lei e la sua famiglia a rimanere nascoste e non farsi arrestare. Ella mi disse che avrebbe seguito il mio consiglio e che allorché io avessi creduto utile farla presentare, avrei dovuto mandarla a chiamare nel suo rifugio (che io sapevo essere casa Dominici a Colognola). Senonché, alcun tempo dopo, una lettera anonima scritta – o fatta scrivere – da una sfollata colà, tale Bice Cagiola, è capitata direttamente in mano del funzionario addetto della Questura, provocò, all’insaputa del Questore e mia, il suo arresto. Io ne venni a conoscenza il giorno dopo, perché il funzionario addetto a quel servizio, in perfetta buona fede di fedele esecutore di ordini, proponeva ulteriori appostamenti, che avrebbero dovuto condurre all’arresto del marito (capitano Enrico Coen) e dei suoi due figli aggirantisi in quei paraggi. Non fu perciò più possibile per me evitarne l’internamento, perché la Federazione Fascista, sempre vigile nelle applicazioni integrali delle misure antiebraiche, mi avrebbe certamente creato presso il Ministero e presso il Comando Germanico il ‘casus belli’, ma detti disposizioni al Questore, che non ne facesse nulla dell’appostamento a Colognola. (14)
Con l’imminente avvicinarsi del fronte bellico dopo la caduta di Roma il 4 giugno 1944, i gerarchi fascisti della Provincia di Perugia prepararono la loro fuga verso nord, lasciando il controllo del territorio alle forze tedesche della Wehrmacht. Molto importante per quanto riguarda il tema di questa indagine è quest’ultimo paragrafo della testimonianza del Questore Scaminaci durante il processo Rocchi:
Dichiaro inoltre che, nella prima decade di giugno 1944, trovandomi nei locali della segreteria della Prefettura, ho udito che il Prefetto dott. Rocchi aveva opposto un netto rifiuto al comandante tedesco delle S.D. (15) il quale richiedeva la consegna degli ebrei e dei detenuti politici per la traduzione in Germania. (16)
Pare che la cognata di Rocchi, Luisa Coggi Pannella, fosse presente a questo colloquio perché scrisse nelle sue memorie che
Un giorno mio cognato mi chiese (anzi mi pregò) di andare a pranzo in Prefettura, perché aveva invitato degli ufficiali tedeschi piuttosto importanti. Io gli dissi chiaramente che non gradivo la compagnia di ufficiali tedeschi, ma lui mi spiegò francamente che aveva bisogno di qualcuno che gli facesse da interprete per una questione delicata e importante; non si fidava delle sue interpreti ufficiali, ma voleva qualcuno che, in seguito, non si lasciasse sfuggire neppure una parola sull’argomento trattato. Allora accettai. Dopo cena (17) ci ritirammo in una saletta. Io ero molto preoccupata, perché la mia conoscenza del tedesco era ben lontana dall’essere perfetta; comunque, avevo capito esattamente di che cosa si trattava. Il Comando Tedesco aveva chiesto al Prefetto, mio cognato, di procurare un certo numero di autocarri per trasportare in Germania gli Ebrei della provincia. Chiedevano gli autocarri perché le ferrovie, in gran parte distrutte dai bombardamenti, non funzionavano più. Per fortuna, mio cognato non era d’accordo con i Tedeschi sulla questione degli Ebrei. Il mio compito era di spiegare in tedesco che gli era assolutamente impossibile trovare gli autocarri desiderati perché erano stati tutti requisiti da tempo. Come soluzione proponeva di concentrare tutti gli Ebrei della Provincia in un’isola in mezzo al Lago Trasimeno, dando contemporaneamente l’ordine di far scomparire tutte le barche che si potessero trovare sulle rive del lago. (18)
Nonostante che la signora Coggi Pannella suggerisca che gli ebrei non fossero ancora stati trasferiti all’isola – in realtà erano già all’isola da febbraio – il resto della sua testimonianza indica chiaramente che questo rifiuto di Rocchi di soddisfare la richiesta tedesca si svolse a giugno. I danni alla linea ferroviaria ai quali riferisce erano stati provocati dai bombardamenti alleati che avevano colpito l’entrata della galleria di Passignano il 16 maggio (19) e la stazione di Terontola il 29 maggio. (20) Poi l’ordine che riguardava le barche fu dato dal Questore Scaminaci durante la prima decade di giugno. (21)
Alla fine di questo periodo, quando l’esercito alleato entrava nel territorio umbro, Rocchi spedì questa lettera datata il 10 giugno al maggiore Enrico Armanni, commissario prefettizio al Comune di Perugia:
Accogliendo la vostra richiesta verbale, vi accordo un mese di licenza a decorrere dal giorno 10 corrente mese. Durante la vostra assenza, per i soli atti di ordinaria amministrazione, incarico per la vostra sostituzione il Segretario Generale in funzione sostitutoria.
Lo stesso giorno Rocchi permise al Questore Scaminaci di allontanarsi da Perugia per quindici giorni per motivi di salute, ma non si sa in che data si sarebbe realmente allontanato.22 Entro il 12 giugno non vi erano unità combattenti della RSI in Umbria e anche le formazioni della GNR lasciarono la regione entro la stessa data. (23) Rocchi abbandonò il suo incarico di Prefetto della Provincia di Perugia il 16 del mese.
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1 Nel 1925, avvertita la necessità di ricostituire un autonomo Corpo di polizia posto alle sole dipendenze del Ministero dell'Interno, viene fondato il Corpo degli agenti di pubblica sicurezza in diretta continuità istituzionale con i precedenti Corpi di pubblica sicurezza. Durante la seconda guerra mondiale viene sancito il carattere militare del Corpo degli agenti di P.S. alle dipendenze del Ministero dell'Interno. (www.poliziadistato.it )
2 Vedi Appendice A
3 Bando Graziani del 18 febbraio 1944
Art. 1. Gli iscritti di leva arruolati e militari in congedo, che durante lo stato di guerra e senza giustificato motivo, non si presenteranno alle armi nei tre giorni successivi a quello prefissato, saranno considerati disertori al fronte del nemico ai sensi dell’art. 144 CPM e puniti con la morte mediante fucilazione al petto
Art. 2. La stessa pena viene applicata anche ai militari delle classi 1923-24-25 che non hanno risposta alla recente chiamata, o che, dopo aver risposto, si sono allontanati arbitrariamente dal reparto
4 Archivio di Gabinetto della Prefettura, Busta 42, Fascicolo 3, Cartella 29, Archivio di Stato di Perugia
5 Atti del Processo Rocchi Archivio della famiglia di Armando Rocchi depositato nell’Archivio di Stato di Perugia nel 2006, e Archivio di Stato di Roma
6 1 dicembre 1943
7 Atti del Processo Rocchi
8 Atti del Processo Rocchi
9 Ebrei: Identità e confronti in Zakhor: rivista di Storia degli Ebrei d’Italia v/2001-2002 ed. Giuntina p. 115
10 Atti del Processo Rocchi. La seconda parte di questa testimonianza verrà riportata nel capitolo nominato Il Crollo
11 Aeronautica italiana
12 Ebrei: Identità e confronti p. 124
13 1º dicembre 1943
14 Atti del Processo Rocchi
15 Sicherheitsdienst - Servizi segreti tedeschi
16 Atti del Processo Rocchi
17 Probabilmente la signora intendeva dire dopo pranzo
18 Luisa Coggi Pannella Memorie op. cit. nel libro di Leopoldo Boscherini La persecuzione degli ebrei a Perugia ottobre 1943-luglio 1944 Le Balze Montepulciano 2005 p. 148
19 Stefano De Cenzo Guerra e Pace. Distruzioni e ricostruzione nella provincia di Perugia wwwicsm.it
20 Pietro Pancrazi La Piccola Patria Cronache di guerra nel comune di Cortona giugno-luglio 1944 Stabilimento Tipografico Commerciale Cortona 1946 p. 90
21 Giuseppe Calosci Rocchi A. Memoriale, dattiloscritto s.d. cc. 2/5; 113/ 117 Dichiarazione, copia testimonianza per processo Rocchi del 22 novembre 1948 in Atti del Processo Rocchi
22 Tommaso Rossi Il difficile cammino Editoriale Umbria 2005 p. 71
23 Le Forze Armate della RSI sul fronte di Perugia nel giugno del '44 Fiorucci Mario in Gli Alleati in Umbria (1944-1945) Fondazione Uguccione Ranieri di Sorbello Perugia 2000 pp. 72-73